IL SETTING NEUROPSICOMOTORIO: TRA GIOCO E CREATIVITA’

Lo spazio all’interno del quale si svolge il trattamento neuropsicomotorio è un elemento importante per accogliere e favorire la spontanea espressione del bambino, utilizzando il suo patrimonio funzionale anche quando questo non sia completamente integro, permettendo l’uso adattivo di una funzione e trasformandola in abilità. Il setting psicomotorio, vero e proprio strumento della terapia neuropsicomotoria, individua e struttura due luoghi distinti nel medesimo spazio d’azione della seduta: il primo, connotato da materiale poco strutturato (materassi, cuscini, spalliere, corde,..), consente e facilita l’accesso del bambino ad esperienze senso-motorie che permettono l’interazione con l’adulto attraverso attività di tipo sensoriale, cinestesico, motorio; il secondo è strutturato in maniera differente (ad esempio con un tavolo e delle sedie) e consente lo svolgimento di attività simboliche, prassiche, costruttive ed espressive. Questa strutturazione inoltre sollecita una nuova organizzazione tonico-posturale che progressivamente permette al bambino e al terapista di circoscrivere lo spazio di condivisione, focalizzare un obiettivo comune ed attivare precisi codici di scambio. Infatti, nel trattamento neuropsicomotorio, il terapista ha il compito di conciliare il progetto terapeutico formulato con le iniziative e i bisogni del bambino. Uno strumento di cui può avvalersi il Tnpee per il raggiungimento di questo obiettivo è il gioco, principale veicolo della neuropsicomotricità.

Nel corso degli anni molti autori si sono espressi sul ruolo del gioco all’interno dello sviluppo infantile. Secondo Piaget il gioco riveste un ruolo importante nel processo di assimilazione e parte dal presupposto che il gioco sia “la più spontanea abitudine del pensiero infantile”. Secondo Aucouturier “il bambino non gioca per imparare ma impara perché gioca”. Il gioco rappresenta dunque una fonte primaria di sviluppo. Nel trattamento neuropsicomotorio il gioco di movimento, seguito da quello di tipo simbolico, imitativo, di finzione, di regole, viene considerato il mezzo per creare un’atmosfera di intesa, di sintonia affettiva e di piacere condiviso attraverso il quale sviluppare la conoscenza della realtà e favorire l’acquisizione di competenze motorie, percettive, prassiche e mnestiche. Solitamente il bambino nell’ambito di una situazione di gioco si trova in uno stato emotivo tale da favorire la concentrazione, l’efficienza mentale, la ripetizione e la generalizzazione del comportamento appreso.

Inoltre è importante considerare che le proposte ludiche effettuate dall’operatore devono essere adatte, modificabili in corso d’opera, realizzate ad hoc e su misura per ogni paziente, in un contesto che sia il più possibile agibile e leggibile al bambino stesso. Quando però il bambino vive una condizione di disabilità anche le attività ludiche possono subire una certa limitazione. È quindi nella ricerca continua del terapista di adattare il più possibile il setting e gli strumenti ludici alle esigenze specifiche del singolo bambino che potrebbe risultare utile il ricorso al tinkering e più nello specifico alla “Sartoria Psicomotoria”, approccio ideato dal Dott. Angelo Lo Porto e sviluppato insieme al Dott. Matteo Corbi per la formazione specifica in ambito sartoriale. Per tinkering si intende l’arte del riutilizzo e del creare nuove soluzioni di gioco a partire da materiale riciclato e facilmente reperibile in casa. Il fine è quello di dar vita a strumenti e oggetti realizzati ad hoc e cuciti su misura alle esigenze dei nostri piccoli pazienti, in modo divertente e in un contesto “colorato” e stimolante per il bambino stesso. È in quest’ottica che un semplice scolapiatti può diventare un utile strumento per lavorare sulla motricità fine, sulla coordinazione occhio-mano, sulle abilità visuo spaziali e sulla sequenzialità; una valigetta degli attrezzi può diventare una scatola luminosa e magica che regala emozioni uniche a ogni bambino che la aprirà, e cosi via con pinze, bottoni, tovagliette, scotch, tavole di legno, scatole, oggetti semplici e di uso comune che nascondono grandi potenzialità. L’obiettivo è quello di costruire modelli di gioco con ciò che si ha a disposizione valutando gli obiettivi e i bisogni terapeutici del piccolo paziente e fare in modo che questo approccio sia fruibile facilmente a tutte le persone che si occupano in equipe multidisciplinare del bambino stesso.